Creare

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La sesta puntata di Brenwood

Dopo la fine dei concerti nel Wood Stage riprendo ad aggirarmi pacatamente tra la gente. Incontro tantissime persone che conosco e Woodoo inizia a sembrarmi più piccolo, come potrebbe sembrarti una casa che hai ben presente. Una casa è un luogo abitato da persone. Un festival invece sono persone che abitano un luogo. I due concetti mi danno da pensare. Incredibile come una piccola inversione semantica possa restituire sensazioni completamente diverse. Vagheggio nello zinzagare dei miei pensieri e mi rendo conto che non sto camminando da me. Non controllo il camminare: è lui che mi controlla: ma chi controlla lui? La folla mi trasporta come un lento e morbido oceano. Le persone questa sera sono tantissime. Mi rendo conto di avere un momento di assenza. Lo aspettavo da un po’: il terzo giorno finalmente il festival mi ha preso le energie. Gliele avevo offerte, lo avevo sfidato pensando di godermi un braccio di ferro dal quale uscire vittorioso. Ma qualcuno una manche la doveva pur vincere: stasera ha vinto lui. Ho un istante di derealizzazione, non distinguo il sonno dal caldo, ho una sensazione che scelgo di rinominare “soldo”.

Mentre lotto con il soldo, torno nella nostra fumosa stanzetta per concentrarmi. In quel momento partono le prime note di Venerus, che inizio ad ascoltare da lì. Mi sembra di essere una creatura speculare, del tutto opposta rispetto a ciò che sta avvenendo là fuori.

Accendo il computer, cerco la connessione internet e mi accorgo che uno dei canali wi-fi si chiama “angelinoalfano”. Mi domando se sia un’allucinazione da sonno o dai fumi della cucina che ancora aleggiano nell’aria. Forse hanno cucinato qualche antica erba inca allucinogena. O forse sono sono cyber attacchi digitali che qualcosa hanno a che fare con la caduta del governo. Non ho tempo per indagare.

Come oramai è mia prassi, provo a andare a pregare il Dio del campeggio per ritrovare lucidità. Lo percorro da testa a coda, mentre sento le prime note del set di Venerus. È quasi completamente vuoto. C’è un ragazzo con gli occhiali da sole che si dondola sull’amaca, ci sono due dei cuochi dello staff che si godono il riposo dell’eroe. 

Sono con Albi e Carlotta, arriviamo in fondo al campeggio e camminiamo in mezzo alle tende. Non mi ero mai spinto così in là: mi sembrava di violare un’intimità. Ora che cammino attorno a queste tende colorate, mi sembrano delle case in miniatura di un villaggio sperduto e io sono King Kong.

Inizio a sospettare della veridicità di tutto ciò che credo sia reale. E se fossi, io, davvero King Kong? 

Decido che la musica di Venerus è il perfetto brodo primordiale per indagare cosa è rimasto del reale, stasera. Mi metto di fronte al palco proprio mentre un fumo illuminato di luce rossa invade la scena e un ritmo tribale sale a mostrare la via. Era esattamente quello che cercavo. Mi lascio trasportare dal miscuglio di generi che Venerus e i suoi sparano sul palco come se mescolassero un mazzo di carte di soli assi

Incontro Viola, vorrebbe fare o dire qualcosa di epocale per poter entrare in questa rubrica. Non hai nessun bisogno di dimostrare Viola, tu lo meriti a prescindere. E dunque eccoti qui.

BOOM. Il palco si fa buio, la luce salta, gli strumenti si fermano. Un’esplosione, un cortocircuito, un guasto elettrico ai confini dell’irrealtà. Mi precipito di fianco al palco per capire cosa succede. 

Lo staff di Woodoo ha già sfoderato torce e imprecazioni. La tensione è a livelli altissimi: ma non per un guasto tecnico. “È preparato!” sento gridare in un misto di sollievo ed esasperazione. Sul palco sta avvenendo una scena di puro teatro: solo che nessuno lo sapeva. Una performance totalizzante.

I tecnici di Woodoo sono al limite di una crisi collettiva.

Venerus, guarda come ci combini.

Mi posiziono al lato del palco. Seguo il concerto di Venerus e dei suoi spiandone i movimenti che non sanno di fare. Sul palco sembra allestita una piccola stanza. Un solo passo e sarei lì anch’io e qualcosa mi dice che nessuno avrebbe nulla in contrario.

A live finito assisto ad una trasformazione atmosferica che a Woodoo non avevo mai visto. Il prossimo set, quello di Ceri, è interamente trasferito di nuovo nel Wood Stage. Cambia la geografia, cambia l’energia. Cambia la realtà. La musica elettronica si fonde con la terra e si diffonde dalle caviglie fino alla spina dorsale. È appena successo qualcosa a Woodoo. La famosa porta, stasera, ha deciso di aprirsi adesso. Cerco di entrare nella folla. È come un prato di persone, scosso da venti diversi. La musica da un lato, i gruppi di amici che si dipingono la faccia dall’altro. È una trasformazione multiforme. Non esiste una fonte precisa di clamore: è una festa

Quel dubitare della realtà che ho provato poco fa si sta manifestando qui, ora, di fronte a tutti: l’irreale è reale. E capisco che quello che chiamavo irrealtà si chiama solo immaginazione. E se puoi immaginare puoi creare.

Le celebrazioni sono più di una, e lo sono tutti insieme. Chiunque è al tempo stesso celebrante e seguace. Non assomiglia ad un momento che sia altro che questo: questo è ora, questo è Woodoo. Persone che messe insieme, rimescolate, rilocalizzate, diventano una cosa nuova. Una cosa condivisa.

BOOM. La corrente salta, stavolta per davvero. In un automatismo di impressionante sincronia, le persone si spostano verso il Bigfoot Stage.

Questa moltitudine sembra volersi congratulare con sé stessa per un’identità che stasera pare aver creato davvero. Sente di meritarselo, il prossimo concerto.

Mace sale sul palco. Tutto pronto. Abbiamo creato un’identità: ora impariamo ad usarla.

BRENNEKE

Quando suono mi chiamo Brenneke, 
quando scrivo mi chiamo anche Edoardo. 
Una volta ho visto un dirigibile.
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