Mare virtuale

Mare virtuale

L'ottava puntata di Brenwood

Questa serata è una spirale. La prendo alla larga e gradualmente mi lascio condurre al centro. Solo che, è curioso, il centro cambia continuamente. Ogni volta che mi trovo in un punto per raggiungerlo, è da un’altra parte. Woodoo non è mai sembrato così tanto un flipper

Sembra che oggi la line up sia una grande famiglia allargata, ragion per cui si percepisce distintamente una staffetta emozionale che dalle 18 di questo pomeriggio tutti gli artisti si passano tra loro. Big Mama saluta Protopapa come un fratello, Popolus è uno dei produttori di M¥SS KETA, Cmqmartina è una perfetta ragazza di Porta Venezia e ha collaborato con la stessa KETA. C’è un scia conduttrice colorata che connette questi artisti, la scia di un’astronave che parte da Milano e fa il giro del mondo. 

Il mio obbiettivo della serata è vedere il volto di KETA, ma so che l’impresa non è facile.

Attacca Laila Al Habash e mi godo con enorme piacere il suono grosso della sua batteria. È la prima volta che la ascolto e il pubblico sembra come elevato su una nuvola di leggerezza e serenità.

Torno nel backstage e mentre sono nella caldissima stanza dei media a cercare di mettere insieme delle parole in lingua italiana che non sembrino uscite da un articolo di meteo.it, mi sento chiamare. Mi giro e c’è Walzer. Ogni Woodoo, ma che dico ogni festival, ma che dico quasi ogni serata, non dovrebbe prescindere dalla presenza di Walzer. Indossa una maglietta con stampati degli occhiali da sole appesi al collo, tiene in mano un piatto del catering dello staff e non capisco minimamente come abbia fatto a farselo dare. Anzi a dire il vero non capisco nemmeno come sia entrato qui. 

Cerco KETA, la riconosco in una ragazza che si aggira per il retropalco ma scopro che non è lei. Non mi perdo d’animo.

Sul finire del set di Laila faccio un giro. 

Il pubblico di stasera è il più variopinto, il più innamorato, il più felice di tutte le serate di Woodoo. Mentre mi guardo intorno osservo la fila per lo stand del trucco con il glitter. Stasera questo punto del festival ha proprio l’aria di essere la prerogativa per partecipare alla serata. Sembra quasi la fila per la distribuzione di un lasciapassare.

Incontro di nuovo Walzer. Iniziamo a fare le imitazioni di Mick Jagger e delle ragazze ci fermano e ci dicono qualcosa a proposito della Scala e di Roberto Bolle, di cui non crediamo di capire granché. Ne nasce uno scambio argomentativo basato su giochi di parole a partire dalla parola Bolle. L’esperienza lascia senz’altro arricchiti sia noi che loro.

Cmqmartina ha iniziato da poco il suo set quando mi metto sottopalco. Le canzoni di Martina parlano di conflitti e redenzioni, senza che nessuno di questi due enigmi possa prevalere sull’altro. La sua voce, per me, ha qualcosa di extraterrestre. Quando mette in crisi la security per dedicare ad una sua amica la canzone scritta per lei facendole superare le transenne mi torna in mente il concetto della sovversività del gioco. 

D’altronde la security stasera mi sembra piuttosto attenzionata sul chi può o non può entrare nel backstage. Non per altro: l’atmosfera è bella surriscaldata e un sacco di gente vorrebbe intercettare questa grande big family che staziona a Woodoo per un giorno. Entrare nel backstage stasera è più difficile.

Mi rimetto a lavorare e mi sento chiamare. Mi giro. È Walzer, che è ovviamente entrato nel backstage. Insieme andiamo a vederci il concerto di KETA.

Il suo ingresso sul palco mi ricorda quello di Massimo Pericolo. Sembra una pugile prima di un incontro, la folla la acclama come una matrona romana, cosa che forse in passato è stata.

Il concerto di KETA è una specie di messa laica dell’effimero, ossia di tutto ciò che conta. Mi accorgo che mi piace tantissimo. Durante ADORO incontriamo Kose, che si domanda come sarebbe il set di KETA con i testi cantati da Celentano. Vediamo di fronte a noi una ragazza che potrebbe essere KETA se KETA non fosse sul palco. Decidiamo dunque che la vera KETA è la ragazza sotto al palco, che ad ogni concerto spinge una figurante sul palco al posto suo. 

Proseguiamo il live con questo tenore. Il canto della folla all’unisono sulle narrazioni mondan lisergiche di KETA è impressionante. 

A concerto finito mi butto nel DJ set di Protopapa, che raduna molti dei protagonisti della serata con performance Drag Queen di fronte ad un pubblico che non distingue più il tempo che scorre dai bassi della musica.

Ad una certa inizio a sentire i morsi della fame a mi mangio una pizza romana al prosciutto crudo mentre guardo la folla colorata da lontano. Da sotto il tendone, ormai vuoto, noto che le foglie degli alberi appena di fronte al Wood Stage, illuminate dalle luci, sembrano a tratti brandelli di cielo illuminato a giorno. Sono le 3 di notte, ma con questo effetto ottico sembra siano di nuovo le 18. Sembra di nuovo il DJ set di Populus, e per un momento mi viene il dubbio che sia davvero così.

Mentre il live impazza decido di provare l’esperienze di realtà virtuale di Andrea Crespi. Indossando il visore, girando per la sala museale digitale allestita con le sue opere, mi ritrovo ad un certo punto, non so come, nel mare. Mi alzo in piedi, guardo a destra e a sinistra e vedo solo mare virtuale a perdita d’occhio. È una visione bellissima. Sento che mi ci potrei lanciare, vorrei poterlo fare. Mi coglie un senso di libertà infinita, qualcosa che potrebbe far sentire un essere umano completo. Se solo fosse vero. Mi tolgo il visore e mi preparo, gli occhi rivolti alla moltitudine che balla, a smarrire questa sensazione.

Ma mi accorgo che sto guardando la stessa cosa.

BRENNEKE

Quando suono mi chiamo Brenneke, 
quando scrivo mi chiamo anche Edoardo. 
Una volta ho visto un dirigibile.
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