le regole del gioco

le regole del gioco

La settima puntata di Brenwood

Ho un ricordo nebbioso della giornata di ieri. Non smentisco il suo effettivo svolgimento ma nemmeno mi sento di confermarlo. 

Al risveglio mi tremano tutte le dita tranne i pollici. Mi spavento, poi capisco. Sognavo di scrivere. Sono giorni che non faccio altro che scrivere e non riesco nemmeno a fermarmi. A festival non ancora iniziato, sono come un assetato in traversata nel deserto, mi metto a scrivere sullo scrivere del festival e lo pubblico su Ragnatele, la mia newsletter. Oramai l’ossessione sta prendendo il sopravvento.

Arrivo a Woodoo, mi rendo conto che è diventato una tribù. I racconti sull’after show di ieri notte che quest’oggi sono tramandati di bocca in bocca arrivano a scomodare atti di magia nera, alate creature fantastiche, personaggi della Bibbia. 

Durante la Silent Disco Sibode DJ è tornato a spremere le fantasie più sfrenate dei partecipanti. Nessuno di loro se l’è sentita di entrare davvero entrare in particolari su quegli istanti, aumentando il sospetto di una sorta di patto di esclusivista follia psicotropa.

Girano senza controllo racconti di fluida promiscuità di cui non si possono qui tratteggiare i dettagli. Un discreto numero di preservativi in luoghi impensabili sono stati trovati in mattinata durante la pulizia del campeggio. E pensare a tutti quelli mai ritrovati.

Per scaldarmi vado a sentire un po’ del soundcheck di Cmqmartina. C’è un fascino tutto particolare nelle esibizioni dei check. Gli artisti cantano e suonano sempre come se fossero in camera loro o in auto con gli amici. Non si accorgono nemmeno di farlo e quindi tirano fuori delle versioni stupende. La voce sinuosa di Martina si fa sempre più sfumata mano a mano che mi inoltro nel bosco.

Osservando i campeggiatori mi rendo conto che questi giorni di coesistenza hanno cambiato la loro natura umana. Si sono trasformati in una comunità hippy di San Francisco, sono diventati i compagni di Robin Hood nella foresta di Sherwood. I vestiti stesi al sole, le ciabatte ordinatamente disposte nelle piazzole a terra. Giurerei anche di vedere qualche cavallo. Mi sa che Woodoo ha un problema: io non sono mica certo che da qui vadano via. Anzi a guardarli giocare a carte, dondolarsi sulle amache, uscire riposati dalle docce accompagnati dal suono ritmico delle palline che sbattono sul tavolo da ping pong, direi che non ne hanno proprio nessuna intenzione. Verso le 17 qui scorgo una band incredibile. Si chiamano Curcuma e sembrano usciti dritti dritti da un alternative italiano d’altri tempi. Fanno cover di Afterhours, Caparezza e Le Vibrazioni. Mi sembra di essere nel 2006 e mi assale una nostalgia che non so manco definire. E quando fanno Fantasma dei Linea77 mi scopro emozionato come un idiota. 20 anni fa per una cosa così un pogo devastante avrebbe raso al suolo l’intera area feste di Cassano Magnago. Mi faccio i film che suonino da 10 anni ma scopro che sono insieme da 2 mesi. La curiosità m’assale, vorrei sapere tutto di questa band ma non posso: devo andare.

Faccio una capatina alla ludoteca. Sono giorni che cerco di scambiare due parole con Lorenzo, che l’ha creata, perché sento che qui c’è qualcosa da approfondire. I giochi in scatola che ci sono qui sono tutti suoi. 

Mi spiega la filosofia alla base di questo progetto: «Il gioco è sovversivo per definizione. Quando decidi di giocare crei un’orizzontalità, crei un impostazione di ascolto e di scambio alla pari. Questa orizzontalità va ad abbattere ogni genere di barriera e di muro che si può creare tra le persone. Le persone si mescolano». Wow. Lorenzo non spiega solo il concetto di gioco alla base della sua oasi ludica in mezzo alla comunità. Mi accorgo che praticamente spiega Woodoo: non lo sapevamo ma siamo sempre stati un grande gioco in scatola.

Ok, inizio a pensare che questo tema possa assumere le sembianze del mio spirito guida della giornata.

Ah, pare che il torneo di Magic abbia avuto un successo incredibile, tanto che ci sono ampie pressioni per rifarlo.

Vado verso il Wood Stage. Stanno suonando i Dumbo Gets Mad. I loro suoni mi riportano ad un assurdo sapore anni sessanta che mi galvanizza; mi colpisce anche la formazione molto fitta sulle voci ma piuttosto minimale sulla parte strumentale. A risposta delle mie riflessioni, scopro che il loro tastierista non è mai arrivato al festival a causa di un guasto alla macchina. Immagino un uomo in qualche bollente autostrada italiana fare l’autostop e fermare un camionista: «Fratello fammi salire: devo andare a Woodoo».

Quando Big Mama sale poco dopo sul palco, il prato diventa una distesa di colori che ondeggiano a tempo sui beat. Con il suo set, Marianna riesce a creare una strana versione di dancefloor intellettiva. Balli ma ascolti le parole e i movimenti ti fanno pensare. E pensare ti fa venire voglia di ballare. E così via.

Faccio un giro per guardare la gente. Stasera è lo specchio di Vieni Come Vuoi e la ciurma del festival è commossa.

Passo di fronte al Bigfoot Stage per guardare un po’ il tendone semivuoto, poi torno indietro e mi si crea un nuovo scenario.

Populus ha già iniziato e sento distinti echi di musica medievale. Flauti e casse in quattro.

In quel momento vedo Woodoo come non l’avevo mai visto. I colori, i tavoli disposti in parallelo e questa musica un po’ secolare fa somiglia tutto ad una strana fiera rinascimental-medievale. Se questa è una festa del medioevo, da queste parti deve nascondersi un mago.

Vado al concerto. Populus è un pifferaio magico che non si accontenta di nessuna geografia, di nessuna epoca. Dalle fiere medievali ci porta sulle isole tropicali fino alla Selva Boema. 

Persone che ballano, si guardano negli occhi e ridono, riconoscendo nei sorrisi degli altri quello che amano di sé stesse. Sono queste, qui, le regole del gioco.

BRENNEKE

Quando suono mi chiamo Brenneke, 
quando scrivo mi chiamo anche Edoardo. 
Una volta ho visto un dirigibile.
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