“Zeta”

“Zeta”

Una mostra con IED

Non so come sia avere vent’anni. A dire il vero, non lo sapevo nemmeno a vent’anni, il che ha fatto di me il ventenne più sprovveduto di sempre. Anyway, per me, che faccio parte della vetusta generazione dei millennial, è un motivo più che rilevante per osservare con occhi famelici di interesse la mostra che una serie di ragazz* dello IED ha allestito per Woodoo. L’idea è partita, dicevamo, in seguito alla tavola rotonda con Rolling Stone

Se i partecipanti di quel video si erano lanciati nel brainstorming dialettico, forse era il momento che a parlarci di inclusività iniziasse ad essere l’arte stessa.

Vieni Come Vuoi era un concetto che andava istintivamente a sovrapporsi a “mostrati come vuoi”. Perché non spiegare delle cose mostrando? 

Insomma, una mostra scalciava già per venir fuori e serviva che ad occuparsene fosse il vero motore del cambiamento generazionale di questa epoca. Woodoo è andato istintivamente verso tutti coloro che quando scendono in piazza lo fanno per un passato che considerano quasi un peccato originale.

Avendo testato già un percorso su come spiegare il concept al pubblico, ci siamo resi conto che la potenza della musica e dei festival come macchina di abbattimento dei pregiudizi era proprio nell’offrire dei punti di vista mescolati, nuovi per qualcuno, confortanti per qualcun altro, magari disturbanti per qualcun altro ancora.

Essere strumenti creativi per unire e abbattere dei tabù unendo differenti pensieri in un unico contesto, mostrando che siamo tutti uguali nella diversità: questa era la chiave. 

Marco Mascheroni, direttore creativo di Woodoo, la racconta così:

«Abbiamo detto: abbiamo un titolo e abbiamo messo a fuoco un’idea che deve uscire, come sviluppiamo questa creatività, oltre che nelle line up? È spontaneamente nato così il progetto con IED, per una naturale attrazione verso il mondo universitario. Abbiamo presentato il nostro concetto, Vieni Come Vuoi, proponendo loro una mostra di manifesti, poster e artwork creativi. 

Il tutto partendo dal presupposto di voler dare al tema stesso una linea quasi “propagandistica”, ma con tanta leggerezza. Quindi abbiamo semplicemente chiesto agli studenti: come l’inclusività può essere illustrata tramite un linguaggio visuale? Che simbolo hanno la diversità e l’inclusività? Quali colori scegliereste? Ci sono elementi grafici che rappresentano questi contenuti? Tutto questo ci galvanizzava proprio in luce dell’attualità di questi temi. Volevamo nuove idee, una declinazione contemporanea per trovare un’identità visiva ben definita. Abbiamo chiesto loro di sperimentare insomma. All’istituto è piaciuto moltissimo, tanto che lo IED milanese ha aperto il concorso agli istituti di Torino e Roma! È nato una sorta di workshop interno. Così questi studenti, esponenti della generazione Z, sono diventati parte di Woodoo».

Al concorso hanno partecipato in tantissimi e sono stati selezionati 15 splendidi lavori che faranno parte della mostra presente al festival, che si chiama Diversity Inclusion.

Non ti illustrerò ogni opera perché, ehi, puoi vedere la mostra! È bellissima ed e sarà lì a disposizione di tutti coloro che parteciperanno a Woodoo.

Stavamo iniziando finalmente ad illuminare la questione con raggi di luce provenienti da fonti diverse. Ma sentivamo che mancava ancora qualcosa. Ci bastava stare in piedi sulla terra per accorgercene.

BRENNEKE

Quando suono mi chiamo Brenneke, 
quando scrivo mi chiamo anche Edoardo. 
Una volta ho visto un dirigibile.
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